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Cartella di 14 disegni di Kika Bohr e testi di Spartaco Veglia (2006)
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SU ALCUNI DEI 37 DISEGNI DI KIKA BOHR
(PER "IDENTIFICATION DES MARBRES" DI MARIE ANGE GUEYER)
La prima cosa che mi ha felicemente colpito di questi disegni di Kika Bohr è l’evidente velocità del tratto con cui sono stati eseguiti. Velocità, che essendo espressione di sicurezza e libertà, riesce a trasmettere anche gioia e cioè il profondo piacere e la soddisfazione di chi li sta realizzando. Felicità che magicamente si riflette anche nell’immagine ottenuta: l’elegante signorina seduta a terra (15) col suo cappello a larghe tese e l’abito di tulle o d’organza alto e gonfio sulle cosce davanti, e raccolto con le mani sotto di sé. Signorina giovane giovane, a una delle prime feste importanti da debuttante - ma, sia ben chiaro “ni deuil ni noces”- visibilmente compiaciuta del suo successo in società. E come potrebbe essere altrimenti, bella com’è e in più nipote di un uomo nobile e di chiara fama, il “nonno”, Grand Antique D’Aubert dei Pyrénées?
O, come non “accomoder le regard” su Madame Bleu de Savoie (3), studiandola con un sorrisino stampato sulle nostre stesse labbra, così simile al suo, per quanto riconosciamo in lei una bella, sana, signora di dirompente, picassiana sensualità, alla quale (per intenderci), gli uomini cantano con entusiasmo: “ Saran belli gli occhi neri, saran belli gli occhi blu,…ma le gambe… ma le gambe… a me piacciono di più!”.
Personalmente sono rimasta intrigata e ammirata dagli occhi del volto femminile al telefono (6), senza riuscire a capire come Kika sia riuscita a ottenere con tale maestria (e a tale velocità) quella classica espressione dello “sguardo nel vuoto” che assumiamo noi tutti quando la persona con cui parliamo non possiamo vederla perché non è di fronte a noi e non possiamo fare altro, appunto, che fissare il vuoto… “on a pâ ti pâ ti”. C’è forse riuscita duplicando e triplicando i cerchietti delle pupille?
Ho iniziato il testo sostenendo che la prima cosa che mi aveva colpito di questi disegni era la velocità del tratto, ma prima di scriverlo ho voluto chiedere a Kika Bohr se avessi effettivamente visto giusto. Mi rassicurò, confessandomi che li aveva fatti tutti e 37 in una sola sera, e che l’unico che avesse rifatto la mattina successiva era il 7, quel passerotto (?) ingordo, in bilico su un ramo di ciliegio visto dal basso. Un disegno sicuramente più elaborato e lavorato degli altri: “Fruits en abondance… coing quince ciliegia kirche cherry cherry quelle quigne”.
La lunga veste della dama elegantissima (10): “bras croisés bicorne en tête on distingue à peine
son visage” sembra ripetersi identica nella volta gotica della cattedrale (11) “la voix qui s’èléve est contralto des traits de brume restent en suspens”: accostamento inedito e forse audace ma al medesimo tempo, assai interessante.
Due immagini sul linguaggio, la (19) della quale ho dovuto leggere il testo per capire cosa potessero essere quelle piccole mosche per lo più allineate: sono “…quelque chose qui ait air
poétique … qui le soit mais d’une certaine manière…”. Sì, capisco il fastidio e la lotta che si possono avere con le parole (proprio come con le mosche), quando si scrive: irritanti, sfuggenti, indomabili e beffarde.
Ma poi, in un momento di grazia, come nella (25), nel buio sotto le stelle di un cinema all’aperto, come in una fiaba l’autrice diventa una sorta di castellana medioevale e la scrittura, un enorme drago che sta per porgerle la zampa – finalmete domato e sorridente – come un cagnolino.
Come è scritto nella presentazione di questo volume, inizialmente la poetessa Marie-Ange Guèlis ebbe l’idea (l’ispirazione? lo si può ancora dire oggi come oggi?) di scrivere queste 37 poesie sfogliando un libro di fotografie di marmi francesi, corredati da lunghe didascalie. Interpretando i disegni e i colori delle venature dei marmi, nacquero come per gioco questi suoi splendidi testi. Marie-Ange chiese alla sua amica di lunga data, Kika Bohr di fare dei disegni per questi suoi 37 testi. Kika non ha mai visto le foto dei marmi, ma ha chiesto a me se me la sentivo di dire qualcosa sui suoi disegni. Un giorno spero anch’io di poter vedere le foto dei marmi. Me ne è venuta una gran voglia. Così come vorrei conoscere anche tutti i personaggi che hanno lavorato a questa sorta di catena di S. Antonio, a questo gioco che mi ha molto ma molto divertito.
E adesso termino qui per non rubare troppo tempo agli altri.
GIULIA NICCOLAI
(2011)